In questo numero vogliamo affrontare un tema, emerso ultimamente con più insistenza, riguardante il recupero e la valorizzazione di beni culturali e altri spazi pubblici in disuso attraverso un processo di gestione partecipata e comunitaria attraverso organizzazioni del terzo settore. In pratica, sperimentando e sistematizzando forme di collaborazione a più livelli, pubblico, privato sociale e comunità di riferimento, attraverso un approccio più inclusivo e generativo.
Siamo in zona di frontiera: in quest’ottica non ha più tanto senso dividere gli interventi in chiave culturale o sociale. Non conta molto la provenienza dell’idea di valorizzazione o meglio dei soggetti, di matrice sociale o culturale, che la propongono, ma conta di più l’apertura di tale idea alla comunità. Le formule e le definizioni per descrivere questo cambiamento in atto sono diverse. Un cambiamento che può incidere nei processi di sviluppo locale.
Sullo sfondo restano due grandi questioni: da una parte esiste un problema concreto e diffuso che riguarda l’incuria e l’abbandono di spazi pubblici, anche significativi o di pregio, che rappresentano un costo per la collettività e uno spreco di possibilità per il territorio. Dall’altra vi sono ormai numerose esperienze e buone pratiche che dimostrano che non solo è possibile valorizzare questi beni, ma che è possibile farlo proprio attraverso una visione comunitaria del loro utilizzo, nell’ottica di una più ampia fruizione e, dunque, anche con un maggiore grado di sostenibilità.
In mezzo, restano ancora problemi di vario tipo, burocratici, di coordinamento tra attori e funzioni; normativi, di adeguamento legislativo; culturali, di presa di coscienza di un cambio di paradigma, che invocano come unica soluzione quella di modelli di riferimento nuovi, di innovazione sociale e culturale, di politiche più coraggiose, attente a leggere questi fenomeni e ad aiutarli, facilitarli, sostenerli .
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