Non temere il proprio tempo, è un problema di spazio
Scrive Georges Perec in Specie di spazi: “Viviamo nello spazio, in questi spazi, in queste città, in queste campagne, in questi corridoi, in questi giardini. Ci sembra evidente. Ma non è evidente, non è scontato. È reale, evidentemente, e probabilmente razionale, quindi, si può toccare. Ci si può perfino lasciare andare a sognare”.
Trasformare uno spazio, permettere alle persone di viverlo e dargli un senso è una delle esperienze più belle e appaganti che si possa fare, come individui e tra le più efficaci per la rigenerazione sociale di un territorio quindi in una dimensione collettiva.
Il tema del riuso di spazi abbandonati o sotto-utilizzati sia di proprietà pubblica che privata è un tema politico che riguarda molto da vicino la vita, il lavoro, il futuro di tanti giovani operatori del sociale e della cultura. È quello che si direbbe un tema “molto sentito” perché, come dice Perec, “ci si può perfino lasciare andare a sognare” e sono davvero tanti i sogni che conosco di persone della mia generazione, i sogni dei millennials, sogni che chiedono spazio per costruire un lavoro dignitoso e svolgere attività che abbiano un valore non solo per sé ma anche per la collettività.
Che specie di spazi sono questi? Spazi condivisi, aperti, trasformabili, co-gestiti. Spazi di produzione indipendente. Spazi di inclusione. Spazi che mettono in circolo energie e attivano potenzialità. Spazi che creano reddito senza rinunciare alla coesione sociale e alla produzione culturale.
Alcune delle persone che aprono e si prendono cura di spazi così, sogni tenacemente e faticosamente e senza riposo trasformati in realtà fragili ma valorose, si sono incontrate a Palermo per “NUOVE PRATICHE CON IL SUD – Spazi da non perdere” nel nostro Ecomuseo Urbano Mare Memoria Viva. E non per caso.
L’ecomuseo del mare di Palermo è nato da un dono e da un investimento.
Un dono perché l’ecomuseo è nato un anno e mezzo fa dopo un lungo lavoro di coinvolgimento di diverse comunità che ha portato decine e decine di persone a “donare” le proprie storie fino a comporre un’unica narrazione multimediale del mare e della città sul mare. Una narrazione fatta di memorie, fotografie, video, racconti. Una narrazione fatta di frammenti di passato ma orientata al presente e al cambiamento sociale a partire da un presidio culturale in questa costa sud dove ci troviamo che è il simbolo degli abusi ambientali ed edilizi che il mare di Palermo ha subito .
L’investimento è stato quello della Fondazione CON IL SUD, di Clac e dei suoi partner e del Comune di Palermo.
Siamo nati dalla collaborazione tra soggetti pubblici e privati, dalla partecipazione e per questo l’ecomuseo ha in sé una vocazione al servizio per la collettività.
Per mettere “materia ed energia” e far sì che questo spazio esista stiamo sperimentando una forma di governance inedita e per la quale non troviamo nessuna veste giuridica nell’ordinamento italiano attuale.
Una governance che è fatta di perseguimento di obiettivi in comune con l’ Assessorato alla Cultura del Comune di Palermo, di un “do ut des”di beni e servizi. Una collaborazione, difficilissima bisogna dirlo, su cui stiamo lavorando, per definire una forma più strutturata che garantisca trasparenza, apertura, uso civico ma anche reddito, investimento in ricerca, processi di attivazione, valorizzazione del territorio. Perché per innovare bisogna osare e non si può che provare cose che prima non c’erano.
Spazi come questo esistono per le energie che vi si mettono e per le attività che vi si svolgono. Non esistono, allora, se non per le persone che li vivono, li sognano, li connotano.
È questo molto semplicemente che chiamiamo “valore d’uso” di un bene immobile ed è di questo che chiediamo riconoscimento e legittimazione.
L’Italia è piena di spazi inutilizzati o sottoutilizzati come era questo ed è piena di persone motivate che potrebbero dare a questi spazi valore sociale, culturale ed economico creando posti di lavoro e luoghi di inclusione sociale, attuando forme nuove di co-gestione pubblico-privata perché è giusto che ognuno contribuisca come può e come sa ma per farlo bisogna necessariamente mettere in discussione il concetto di valore che la normativa attuale supporta e bisogna stabilire e accreditare dei nuovi indicatori per l’impatto che si vuole ottenere.
Non è cosa da poco, è una scelta politica che va nella direzione dei beni comuni e che implica una cessione di sovranità rispetto all’uso del patrimonio immobiliare; una cessione necessaria per permettere forme di gestione partecipata aperta alle comunità.
Per continuare a permettere che l’ecomuseo Mare Memoria Viva esista e sperimenti rigenerazione urbana a Palermo e che tanti luoghi come questo possano nascere in Italia c’è bisogno di creare le condizioni per una “prestazione reciproca” tra pubblico e privato sociale che, stabiliti gli obiettivi e gli effetti che si vogliono innescare, permetta di garantire un reddito dignitoso agli attori dell’innovazione sociale e la massimizzazione dell’impatto, di volta in volta definito e reso noto, per l’Ente pubblico.
Noi siamo la dimostrazione che si può fare ma siamo anche qui a testimoniare che si potrebbe fare con molta meno fatica, perdita di tempo prezioso e di conseguenza con più possibilità di moltiplicare impatti e risultati.
Si potrebbe se ci fosse un maggiore riconoscimento e una legittimazione nelle politiche pubbliche delle esperienze di innovazione sociale e culturale, alcune già esistenti come quelle che la Fondazione CON IL SUD sta con continuità sostenendo nel meridione.
Vorremmo poter volare, seppur farfalle, un po’ più in alto per avere effetti concreti e attivare processi meno fragili e più duraturi di cambiamento sociale.
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