Messina è una città di 237.357 abitanti, caratterizzata da estrema sperequazione nella distribuzione della ricchezza e da una forte iniquità spaziale. Nel centro cittadino la ricchezza media pro-capite è 4 volte quella della periferia nord e 6 volte quella delle periferie sud, caratterizzate altresì da forte degrado urbano, sociale, culturale e da strutturale disagio abitativo. Messina è, infatti, tra le città dell’Unione europea con la più alta emergenza abitativa (oltre 1.000 famiglie vivono nelle baracche). La ‘questione casa’, rimasta irrisolta dal terremoto del 1908, oltre a condizionare le politiche di edilizia pubblica e lo sviluppo urbanistico della città, ha inciso sulla coesione e sulla qualità del capitale sociale dando vita a enclave di degrado, a vere e proprie città parallele. Nel tempo, la ‘casa’ è andata configurandosi come merce di scambio sottendendo un doppio ricatto: da un lato quello politico-clientelare, dall’altro quello del ‘baraccato’ in attesa/pretesa di entrare in graduatoria. Assai spesso l’incontro fra domanda e offerta del bisogno abitativo molto sociale è stato gestito dalle mafie dei territori, che controllava gli accessi abusivi alle baracche abbandonate dalle famiglie a cui veniva assegnata la casa popolare, determinando così chi avrebbe maturato in futuro il diritto alla casa.

Questi meccanismi spietati di controllo delle persone in condizioni di povertà e bisogno hanno strutturato negli anni dinamiche di dominio di poche famiglie mafiose sulle comunità che abitano questo degrado strutturale, estremo. Comunità spesso utilizzate come veri e propri scudi umani rispetto al malaffare e alla costruzione di relazioni patologiche con pezzi del mondo politico cittadino e delle istituzioni.

D’altra parte, accanto a questo profondo degrado abitativo, che diviene anche sociale e urbano, Messina è una delle province più verdi d’Italia. E’ un’area metropolitana che sperimenta da decenni bassa qualità della vita e degrado multidimensionale, ma di contro vive immersa in un paesaggio potente e unico, lo Stretto di Messina. Si tratta di una venustas ambientale in grado di aumentare la resilienza urbana, una “bellezza” capace di determinare, se colta e interpretata, un campo di forze intense e liberatorie.

Le profonde diseguaglianze che caratterizzano questi territori, le fragilità sociali, i processi di esclusione individuali e collettivi, le storie di oppressione ed i bisogni insoddisfatti di relazioni e di felicità reclamano nuovi paradigmi economico-sociali e nuovi approcci ai processi di trasformazione urbana.

Le più recenti e accreditate teorie e pratiche economico-sociali hanno dimostrato che esiste un’inscindibile continuità fra sviluppo economico e più complessivo sviluppo umano. Più specificatamente oggi sappiamo che lo sviluppo economico locale è legato al livello di capitale sociale di un territorio, al grado di espansione delle libertà strumentali delle persone che abitano quei territori, rispetto alle principali aree dei funzionamenti umani, e alla capacità di svelare e costruire bellezza.

In condizione di forte deprivazione la sfera della scelta e di costruzione delle aspettative delle persone ha delle componenti irriducibilmente personali. I paradigmi di razionalità economica, tipici dell’economia politica, non sono applicabili.

La costruzione di una speranza concreta di uscire dalle condizioni di povertà, di dipendenza, di deprivazione dipende dal paesaggio urbano ed umano dentro cui si vive; dipende, quindi, dalla estetica del proprio territorio vitale e dalla lettura che ciascuna persona fa della rete relazionale nella comunità locale e dei suoi principali vicini (istituzionali e non) con cui interagisce, dal microclima fisico e relazionale dentro cui vive. Quanto appena detto svela una forte correlazione fra etica ed estetica e chiarisce come le politiche di lotta multidimensionale alla povertà in aree così fortemente deprivate, siano necessariamente complesse e debbano promuovere azioni strutturali rivolte a sistema finalizzate alla promozione della coesione sociale e di contesti architettonici e socio-economici fecondi, partecipativi, generativi di alternative rispetto ai principali funzionamenti umani.

Non v’è dubbio che quanto fin qui detto definisca uno specifico valore d’uso dell’architettura e della progettazione urbana, quale elemento imprescindibile di sistema nei processi di trasformazione e risanamento territoriale finalizzati a riconoscere e potenziare forme evolute di coesione e capitale sociale e quindi di welfare di comunità.

Infatti, le persone deprivate di libertà tendono a rimanere intrappolate dalla loro necessità di sopravvivere e possono di conseguenza non avere il coraggio di chiedere cambiamenti e/o agire per essi. Le loro aspettative vengono schiacciate, senza alcuna ambizione, alle poche cose considerate possibili. La disillusione distorce l’immaginario, la costruzione dei desideri e frena comportamenti positivi finalizzati ad uscire dalla condizione di povertà e di deprivazione. Le politiche devono creare le condizioni perché le persone abbiano una vera possibilità di giudicare quale tipo di vita vorrebbe vivere. L’espansione delle libertà reali è dunque il fine, ma anche il mezzo dello sviluppo, delle architetture e dei processi di trasformazione e risanamento sociale e territoriale.

Politiche efficaci di sviluppo umano devono fare riferimento a basi informative più complesse e personalizzate perché non tutte le persone hanno la stessa possibilità di trasformare i beni primari in ciò che può determinare il proprio benessere. Sono molteplici gli elementi che influenzano il rapporto fra reddito, ricchezza, benessere e libertà. La personalizzazione delle politiche ci appare una opzione strategica assolutamente necessaria.

Il progetto Capacity, coerentemente con la visione sopra tratteggiata, mira a promuovere innovazione sociale nel territorio Messinese, attraverso un intervento che nasce da uno sguardo nuovo capace di cambiare verso e direzione al quasi centenario processo, mai compiuto, di risanamento urbano della città.

La proposta attua una strategia integrata costruita dentro paradigmi di sviluppo umano esplicitamente ispirati a teorie della complessità. Essa è costruita secondo approcci capaci di strutturare correlazioni fra sistemi educativi, sistemi di welfare, sistemi economico-produttivi, sistemi culturali, ricerca scientifica e tecnologica e le social capabilities dei territori.

Il progetto intende promuovere in modo interdipendente:

  • la creazione di sistemi urbani e socio economici di qualità e capaci di generare alternative sui funzionamenti umani legati all’abitare, al reddito/lavoro,  alla socialità e alla conoscenza;
  • progetti personalizzati e comunitari orientati a facilitare la possibilità che persone in situazione di forte deprivazione materiale e culturale possano cogliere e valorizzare le nuove opportunità per ripensare e ricostruire la propria vita e quella delle proprie famiglie, trasformando così le alternative esterne in libertà personali e quindi trasformando la propria sfera dell’immaginario, della costruzione dei desideri, delle aspettative e della percezione della città e dei contesti.

In relazione al primo punto, limitatamente ai funzionamenti legati all’abitare, il progetto genera tre differenti alternative per le persone che oggi vivono in due baraccopoli della città:

  1. acquisto da parte del Comune di Messina sul mercato immobiliare di unità abitative e assegnazione delle stesse agli aventi diritto secondo graduatoria;
  2. realizzazione di un condominio pilota esito delle azioni di ricerca e sviluppo di Capacity a Fondo Saccà con la partecipazione salariata degli stessi beneficiari e successiva assegnazione delle case ai beneficiari secondo graduatoria;
  3. istituzione di un capitale personale di capacitazione che rappresenti un contributo una tantum alle persone beneficiarie perché possano autonomamente acquistare la propria casa, una casa da loro scelta. Il capitale personale di capacitazione rappresenta in modo simbolico e fisico la concreta possibilità di riprendere in mano la propria vita co-progettando con gli operatori tecnici e socio-economici di Capacity percorsi di riconquista dei propri diritti civili sul piano individuale e sul piano sociale e comunitario. Quest’ultima alternativa, fortemente premiante per le famiglie beneficiarie è accessibile soltanto dentro una convenzione antimafia che riguarda non solo la storia delle persone, ma anche la loro vita futura.

In relazione al secondo punto si stanno sviluppando forme di mediazione come pratiche proattive (non difensive) per lo sviluppo delle potenzialità personali e sociali.

Praticare la mediazione sociale in aree depresse a forte conflittualità, lì dove per anni si sono alimentate logiche di dominio e di sfiducia, sta significando lavorare a partire dai conflitti più o meno espliciti per ritessere legami sociali proprio a partire dalle periferie esistenziali dei soggetti.

Il progetto sta così sperimentando un sistema di welfare locale, che agisce su basi informative complesse, appunto personalizzate, generatore di stock: nuove relazioni sociali, un capitale di capacitazione attorno a cui riprogettare la propria vita, nuove opportunità di conoscenza e perfino nuove opportunità lavorative.

Si sta verificando che persone e famiglie che si ritrovano improvvisamente in nuovi contesti caldi e solidali, capaci di andare oltre le dinamiche di dominio imposte dalla criminalità organizzata in queste aree di forte degrado urbano, hanno rimesso in moto la sfera delle proprie aspettative e delle proprie scelte verso i desideri più profondi di benessere e felicità.

Sono tantissime le famiglie che hanno scelto il percorso del capitale di capacitazione che li sta portando ad avere una casa di proprietà, mettendo così in moto il più importante piano di redistribuzione della ricchezza immobiliare dal dopo guerra ad oggi.

Le politiche messe in campo da Capacity hanno, in definitiva, avviato processi di liberazione importanti, forse irreversibili. Il progetto Capacity sta riuscendo ad essere una fluttuazione generativa capace di far divergere il corso della storia, del pensiero e, conseguentemente, delle comunità locali dentro cui opera. Il progetto Capacity sta riuscendo a modificare, in tempi relativamente brevi, visioni, quadri teorici e perfino trend economico-sociali.

Le aree liberate dalle baraccopoli stanno diventando dei commons: parchi urbani; spazi per l’arte contemporanea; siti test internazionali sull’architettura e l’ingegneria sostenibile, in una logica olistica di metabolismo urbano; spazi di socialità; infrastruttura educativa.

Speriamo che la discontinuità politico-amministrativa della città non turbi questo importante processo di liberazione di queste comunità così fragili e vulnerabili dal controllo delle mafie e dei sistemi clientelari.