Un articolo del Corriere della Sera del 13 settembre 1972 intitolava: «Il divario fra Nord e Sud verrà colmato solo nel 2020». La notizia si basava su un rapporto dell’economista Pasquale Saraceno che lasciava intravedere che una soluzione alla “questione meridionale” era ancora lontana, ma sarebbe comunque arrivata.
Pier Luigi Vercesi per Corriere Buone Notizie ha intervistato il presidente della Fondazione CON IL SUD Carlo Borgomeo per analizzare i motivi per cui la previsione di Saraceno si è rivelata sbagliata.
Di seguito riportiamo un breve estratto dell’intervista pubblicata su Corriere Buone Notizie.
Professore, dove ha sbagliato Saraceno?
«Saraceno, grande personaggio del secolo scorso, non ha sbagliato la previsione ma l’impostazione legata a politiche di industrializzazione forzata».
Dove fu l’errore?
«La Cassa del Mezzogiorno, in un primo tempo, agì con interventi di pre-industrializzazione, vale a dire formazione e infrastrutture, preparando il terreno a incentivi per chi voleva fare impresa. Il processo però era lento e l’urgenza occupazionale impose una linea di industrializzazione forzata. Lo Stato imprenditore progettò grandi stabilimenti che in alcuni casi nemmeno cominciarono a produrre. Dove decollarono, migliorarono parzialmente l’occupazione ma inibirono lo sviluppo di percorsi imprenditoriali autonomi».
Com’è stato possibile?
«Prendiamo l’Ilva di Taranto. Non ha prodotto cultura imprenditoriale. Al contrario: l’industrializzazione forzata dall’esterno ha limitato le capacità autonome degli investitori locali. Così la provincia di Lecce, meno “aiutata” di quelle di Taranto e Brindisi, paradossalmente ha sviluppato migliori attitudini imprenditoriali. E poi c’è sempre stata l’eccessiva enfatizzazione della necessità di trasferire risorse…».
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