Wote Mezani, ovvero “Buon appetito”, in una delle lingue più parlate in Africa. È questo il nome del progetto sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD e nato a Lecce grazie all’impegno di Arci Lecce e altre associazioni di migranti che hanno dato vita alla cooperativa che ora gestisce il ristorante di cucina mediterraneo-asiatico-africana che, da una parte, favorisce l’inserimento lavorativo degli immigrati e, dall’altra, valorizza il patrimonio condiviso del sapere gastronomico locale e straniero. Ne abbiamo parlato con Anna Caputo, di Arci Lecce.
Cos’è e come nasce Wote Mezani?
Si tratta di un ristorante dove il personale è proveniente per la maggior parte da paesi terzi. Il progetto rientra nell’impegno di Arci Lecce per favorire l’interazione culturale attraverso l’arte, il teatro, la musica e, appunto, la gastronomia. Abbiamo voluto verificare quanto diverse comunità presenti sul territorio potessero interagire con la comunità salentina attraverso un fattore importantissimo come il cibo.
Che cucina propone il ristorante?
Wote Mezani propone la cucina locale e quella delle altre comunità. Il ristorante è molto legato al territorio e vuole valorizzare la cucina salentina più autentica, esaltando i prodotti della tradizione contadina e rispettando la stagionalità degli alimenti. Nel menù ci sono sia prodotti locali che prodotti tipici di altre nazioni, a rotazione: Iran, Senegal, Pakistan, in base alle persone che frequentano il ristorante e ci propongono delle ricette. Si è creata così questa commistione tra salentinità e resto del mondo.
Quante persone lavorano nel ristorante?
Tre italiani e cinque stranieri (tutti con il permesso di soggiorno), più altre persone che collaborano in occasione di eventi particolari.
Che ruoli hanno le persone straniere?
Due camerieri, un aiuto cuoco, un aiuto cucina e altre persone che si occupano delle pulizie.
Che riscontro sta avendo il progetto?
Tutto è partito un anno fa e oggi posso dire che il bilancio è decisamente positivo. Oltre alla gestione del ristorante abbiamo pubblicato un libro di ricette dal mondo. Inoltre abbiamo creato all’interno del locale uno spazio per la raccolta delle ricette che ci vengono proposte. Abbiamo organizzato anche delle iniziative culturali legate al tema dell’integrazione.
Come valuteresti l’accoglienza e l’integrazione degli stranieri in Salento?
Nel complesso il mio giudizio è positivo. Molte delle persone che arrivano qui dimostrano una grande capacità di inserimento in alcuni settori importanti sul territorio come il settore metallurgico e l’agricoltura. Gli stranieri stanno anche riportando in vita alcuni mestieri che rischiavano di scomparire perché nessuno del posto se ne occupava più, come la costruzione dei famosi muretti a secco del Salento o alcuni piccoli lavori di sartoria, cucito e ricamo. Molte persone rimangono nel Salento e riescono a lavorare. Qui trovano un ambiente non ostile e questo è molto importante a livello psicologico. Noi organizziamo corsi di formazione e ci impegniamo affinché le persone che arrivano qui abbiano la possibilità di restare, perché se vanno via rischiano di affollare le stazioni delle grandi città metropolitane e di finire nelle mani della criminalità. Nelle piccole realtà, invece, si riesce ancora ad immaginare qualcosa di differente: il rispetto della persona, soprattutto attraverso il lavoro.
Alessandra Profilio
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