Nel 2015 Italia che cambia ha messo insieme 100 ambasciatori divisi in 17 tavoli di lavoro per riflettere sulla situazione attuale del nostro Paese e sulle azioni concrete da fare per ottenere un cambiamento importante in alcune delle aree significative per la vita di tutte e tutti le e i cittadin/E/i.

In particolare, sette realtà tra cittadin* e associazioni attive nell’ambito delle tematiche di genere e dei diritti civili si sono riunite per dare il loro contributo alla lotta alle discriminazioni di stampo sessista e trans-omofobico, parlando di educazione alle differenze, superamento degli stereotipi e abbattimento delle ingiustizie sociali.

Si sono ritrovate così in questo stimolante percorso l’AIED di Pisa, Pink-Riot ArciGay, ArciLesbica, Action Aid, Casa della Donna di Pisa, Nuovo Maschile-Uomini liberi dalla violenza, Lorella Zanardo, Irene Biemmi.

È emerso prima di tutto quanto sia fondamentale parlare di tematiche di genere, per poter portare avanti un processo che è, fortunatamente, già in corso.

Non bisogna infatti sottovalutare ciò che le attiviste e gli attivisti e le associazioni sono già riuscit* ad ottenere: ci offre un dato interessante a tal proposito la classifica Global Gender Gap Report 2014, in cui l’Italia occupa il 69esimo posto, un punteggio da 0 a 1 di 0,697 (dove 0 è la totale disparità e l’uguaglianza) e un incremento di 11 posti dal 2012.

Ma questi traguardi non devono farci sedere sugli allori!

Il nostro Paese è ancora lontano dal raggiungimento della totale parità tra i generi.

Non esistono infatti ancora pari opportunità per uomini e donne, ma anche per i membri della comunità LGBT*QI (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans, Queer e Itersessuali).

Pur nel rispetto delle differenze, non sono messi a disposizione gli stessi strumenti per l’autodeterminazione e l’auto realizzazione personale.

Attualmente nel Paese le criticità sono tante:

In primo luogo si assiste ad un incremento di sessismo e omofobia, che sfociano in fenomeni come quello delle Sentinelle in piedi o la diffusione del falso mito della teoria del Gender e ancora i movimenti pro-vita, che cercano di negare diritti conquistati con lotte durate decenni.

Cerchiamo di fare chiarezza su tali fenomeni: Le sentinelle in piedi sono un movimento cosiddetto “Anti-Gender” che manifesta contro i pari diritti della comunità LGBT*QI (e indirettamente contro il concetto di pari opportunità tra uomo e donna), boicottando e ostacolando progetti di sensibilizzazione e educazione alle differenze nelle scuole, mettendo al bando libri (soprattutto scolastici) che tentino di superare gli stereotipi di genere e manifestando nelle piazze.

Il nome deriva dalla loro modalità di manifestare: infatti stanno silenziosamente in piedi in mezzo alla piazza, leggendo dei libri. Ultimamente diffondono video e comunicati, portando avanti l’idea che le associazioni che si battono per i diritti civili sono guidate dalle cosiddette “lobby Gay”, insegnando nelle scuole la masturbazione ai bambini e alle bambine e portando avanti il concetto che non esiste differenza tra i generi. Diventa quindi importantissimo sottolineare che l’azione di tali associazioni è proprio opposta: Educare alle Differenze.

Altro tema quanto mai attuale è quello della violenza.

Prima di tutto esiste un problema di narrazione della violenza. I media raccontano episodi di violenze sessuali associandoli principalmente al fenomeno della sicurezza e della immigrazione, con una attenzione morbosa e colpevolizzante sulle vittima. Questo nega di fatto ciò che invece dicono i dati: le forme più gravi di violenza fisica o sessuale sono esercitate da compagni, familiari o amici (75,7% dei casi). Occorre perciò modificare la narrazione e spostare il focus sulle reali cause culturali e sociali di un fenomeno sempre più drammatico.

In altre parole si configura un problema di fondo, concettuale e di approccio: la violenza viene affrontata dalla società nostrana come problema di ordine pubblico e non come violazione di diritto; viene trattata come un problema sanitario e non socio-culturale e strutturale. Manca del tutto una adeguata strategia di prevenzione. Questo ha visto come conseguenza i tagli ai centri anti violenza.

Non si può poi prescindere dalle disparità politiche ed economiche: parliamo di disparità politica e contrattuale, disparità negli stipendi e nelle pensioni, di una mancanza di adeguate politiche di welfare. Parliamo di fenomeni come quello del “soffitto di cristallo”: con questa metafora si intende indicare una sorta di barriera invisibile contro cui le donne si scontrano all’interno delle organizzazione e che impedisce loro di raggiungere alti livelli e occupare ruoli dirigenziali. Rimanendo nella metafora le donne guardano in alto e non vedono ostacoli, ostacoli che però incontrano nel momento in cui cercano di superare una determinata soglia.

E come ultimo fondamentale punto di riflessione e criticità, la rappresentazione della donna, problema trasversale che coinvolge libri di testo nelle scuole, riviste e soprattutto televisione.

E’ chiaro quindi come la situazione sia lontana da una risolutiva e definitiva parità di diritti, e dal superamento della discriminazione basata sull’identità di genere, sull’orientamento sessuale o sul sesso biologico.

Urge però un approccio pro attivo e propositivo.

Italia che Cambia vuole infatti proporre azioni concrete che possano portare ad un cambiamento concreto.

Le e i partecipanti al tavolo hanno immaginato il tipo di Paese in cui vivere nel 2040; non una fantasia utopica o straordinaria, ma un quadro realistico e raggiungibile per una Italia migliore e più equa.

Così recita il documento:

“Auspichiamo che nel 2040 sarà avvenuto un radicale cambiamento culturale ed educativo, volto al superamento di una mentalità ancora oggi ancorata a ruoli legati al sesso e all’identità sessuale. Vi sarà un mutamento radicale in campo educativo, un cambiamento che riguarda sì la scuola, ma anche la famiglia e la comunità.

Nell’Italia del 2040 le persone saranno in grado di guardarsi l’un l’altra a prescindere da pregiudizi e discriminazione. Potremo promuovere reali azioni di pari opportunità; uscire da ruoli stereotipati e da un mentalità che vede nell’altr* una minaccia qualora esca dagli schemi. Avremo combattuto in modo radicale il fenomeno della violenza di genere, di stampo trans-omofobico ma anche razzista.”

Il “punto zero” di tutto ciò dovrà essere l’introduzione di un modello educativo paritario che ponga l’attenzione a non veicolare stereotipi, fin dalle scuole d’infanzia. E’ necessario introdurre una formazione specifica per i docenti uomini e donne – che promuova realmente più equi modelli educativi e permetta di superare gli stereotipi sessisti che oggi limitano fortemente le scelte dei ragazzi e delle ragazze verso mete tradizionali: ad oggi infatti l’educazione continua a settorializzare le possibilità di futuro di ragazzi e ragazze in base al genere, portando avanti ad esempio modelli in cui alla donna sono destinati lavori di cura o percorsi formativi più legati all’ambito letterario, mentre gli uomini sarebbero più inclini agli ambiti scientifici. Saranno predisposti poi percorsi di orientamento di genere volti ad incoraggiare la diversificazione delle scelte formative e professionali di entrambi i sessi, rendendole il più possibile autentiche, ancorate a reali passioni e interessi, anziché ad un dover-essere socialmente imposto.

Nel 2040, anche all’interno dei media, la rappresentanza sia femminile che maschile promuoverà merito e competenza a prescindere dal sesso; il sistema mediatico conoscerà e utilizzerà il linguaggio di genere e riuscirà a rappresentare in maniera realistica e non stereotipata la realtà LGBT*QI.

Sarà realtà il totale superamento delle diseguaglianze nel mondo del lavoro, la piena possibilità per chiunque di accedervi e di determinarsi attraverso la propria professione, nonché il riconoscimento reale dell’importantissimo lavoro di cura. L’autodeterminazione sarà un diritto imprescindibile e non costantemente minato e minacciato da movimenti e obiettori di coscienza.

Ma come ottenere un risultato del genere?

Queste le azioni che ogni persona può mettere in atto a partire da oggi, se non da ieri:

Cittadini e cittadine – È importante che ogni cittadina e cittadino senta in prima persona come proprie le lotte alla discriminazione; è necessario creare momenti di dibattito, ad hoc ma anche nella quotidianità, stando attente e attenti all’utilizzo di un linguaggio che non sia offensivo ma inclusivo di tutte le categorie.
Educare i proprio figli e le proprie figlie alle differenze, utilizzando anche libri che seguano il codice POLITE (codice di autoregolamentazione per le case editrici: POLITE sta per Pari Opportunità nei Libri di Testo, e indica un vademecum per la pubblicazione di libri soprattutto destinati alla scuola, che siano liberi da stereotipi di genere).

Imprenditrici e imprenditori – Devono senz’altro mutare le politiche aziendali che non promuovono reali pari opportunità; tale cambiamento può avvenire attraverso l’agevolazione dei permessi genitoriali, l’introduzione di asili aziendali, promozione di leadership femminile e formazioni interne all’azienda sulle tematiche in questione.

Politiche e Politici – Allo stesso modo negli ambienti politici è auspicabile l’utilizzo del linguaggio di genere nei documenti ufficiali, la proposizione di azioni di sensibilizzazione sulle pari opportunità e sui diritti civili.

Le e I Partecipanti al tavolo:

In Italia esistono già numerose realtà che portano avanti progetti e azioni per il raggiungimento delle pari opportunità: tutta la rete di consultori AEID , che dagli anni ’50 si occupa di auto determinazione, educazione alla genitorialità e alla sessualità consapevole; i centri anti-violenza, che insieme ai nuovi centri di ascolto e sostegno agli uomini maltrattanti si occupano quotidianamente di violenza intra familiare e di genere, come la Casa della Donna  e Nuovo Maschile ; a livello nazionale non è possibile non citare il lavoro di lotta e sensibilizzazione di ARCI-Gay e Arci lesbica; infine fondamentale il lavoro svolto da Lorella Zanardo, che dal 2000 e dall’uscita del suo documentario “Il corpo delle donne”  lavora per l’educazione alla visione critica dei media da parte di ragazze e ragazzi.

Giulia Rosoni

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