Renata Fonte è una donna che può dirci molto della lotta alla mafia, del Mezzogiorno, della politica e del nostro senso di cittadinanza. Mi impressiona il fatto che sia nata a marzo del 1951, perché io sono nata a febbraio dello stesso anno e penso a quanto, una donna che aveva capito così bene l’essenziale negli anni ’80, avrebbe potuto fare per il nostro Paese se fosse ancora tra noi.
Renata Fonte era una laica di quelle storicamente più marcate, di sinistra repubblicana. Io, invece, mi sforzo di essere credente e credo veramente che l’ultima spiegazione al sacrificio, al martirio di alcune persone ce la dia la fede. I miei educatori alla fede mi hanno insegnato che la vita di Gesù si comincia a leggere della morte per capire poi tutto il resto e così il messaggio di alcune persone ci è arrivato proprio attraverso la loro morte. Persone come Renata Fonte sono morte forse perché è proprio dando la vita che il loro messaggio sarebbe stato più chiaro e forte.
Riflettendo sul rapporto tra donne e politica attraverso Renata, credo davvero che sia stato il coraggio degli incoscienti, quella politica che non è compromessa negli interessi a permetterle di fare delle battaglie limpide, chiare, nette, comprensibili, di quelle che disturbano i giochi del potere e arrivano immediatamente al cuore della gente.
Di queste donne in politica oggi ce ne sono un po’ meno rispetto a una volta perché, devo ammettere con rammarico, che da quando siamo di più non siamo diventate migliori. Noi donne eravamo di meno perché alcune cose della politica non le praticavamo, il cinismo non sapevamo che cosa fosse, ma anziché fare scuola abbiamo finito per andare a scuola e l’abbiamo imparato. La grande sfida delle donne in politica, invece, è rompere il marchio del potere che hanno finito per subire e andare a scuola delle reciproche virtù per non dimenticare la lezione di Renata Fonte che, proprio perché donna, di fronte a una bellezza come quella del parco di Porto Selvaggio non ha potuto che difenderla.
Pensando a Renata Fonte e a tanti come lei, viene da chiedersi perché nonostante tante persone abbiano dato la vita, nonostante tanto impegno e specializzazione nella lotta alla mafia, ancora non l’abbiamo sconfitta. La risposta è semplice: perché le mafie si alleano con la politica, con il potere ed eliminano con compiacenza, con violenza o con minacce chiunque in un modo o nell’altro gli si oppone. La forza della mafia, infatti, è il consenso di cui gode nel popolo.
Se non vogliamo diventare un popolo di martiri, dobbiamo fare tutti la nostra parte, perché se ognuno si ritrae, tutti coloro che svolgono la supplenza al nostro posto sono esposti come lo è stata Renata che ha perseguito il bene di tutti rimanendo libera rispetto ai poteri più forti. Se tutti i politici però si comportassero così, sarebbero le mafie a essere esposte e il loro diventerebbe un potere criminale qualunque facilmente annientabile.
Proviamo a capire se il modo di vivere in cui ci siamo comodamente assopiti in questi anni non stia mostrando i suoi limiti, se non vada profondamente cambiato. Tocca a ciascuno di noi cambiare pagina e in questo senso credo che il sacrificio di Renata sarà stato sicuramente utile.
(Tratto dall’intervento tenuto il 30 giugno 2016 a Lecce all’incontro “Un futuro mai visto – Renata Fonte, per il mio territorio”)
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