Quando si parla di mettere in pratica le politiche agricole e fornire sostegno alle attività imprenditoriali in questo in campo nel nostro paese, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea) riveste indubbiamente un ruolo di primo piano. In occasione della presentazione del bando “Terre Colte” abbiamo intervistato Raffaele Borriello, direttore generale dell’istituto, per capire meglio quali sono i bisogni e le condizioni dei giovani imprenditori agricoli italiani e come un’iniziativa quale “Terre Colte” può essere d’aiuto.

Se un tempo la terra era sinonimo di arretratezza, oggi è diventata sinonimo di innovazione e prospettive future soprattutto per i più giovani: cosa è cambiato?

Sono soprattutto i numeri a dirci che c’è un ritrovato interesse per l’agricoltura: negli ultimi 2-3 anni l’agricoltura cresce più degli altri settori, cresce l’export agroalimentare che nel 2017 ha raggiunto il record di 40 miliardi di euro, cresce l’occupazione che essa genera. Tuttavia i numeri non bastano a tenere conto delle caratteristiche di un fenomeno che non è solo in crescita quantitativa: perché oggi l’agricoltura ti chiede non solo di produrre ma di farlo bene e in maniera sostenibile, ed è anche al centro delle nuove sfide globali che riguardano il pianeta, il clima, la gestione delle risorse idriche, l’impatto ambientale, e tutto il resto. Ecco, il ritrovato interesse verso il mondo agricolo deriva proprio da queste nuove funzioni che si attribuiscono a questo settore.

Ismea come si inserisce all’interno di questo processo?

Ismea è un ente che oggi finanzia l’agricoltura a 360 gradi, dando priorità ai giovani. Diamo loro la possibilità di acquistare terreni agricoli. Infatti il primo fattore di produzione in agricoltura è, come si intuisce, la terra: senza la terra non si fa agricoltura. Quindi interveniamo mettendo a disposizione dei giovani dei mutui agevolati per l’acquisto della terra. Ogni anno facciamo un bando: ad esempio quest’anno abbiamo promosso un bando da 60 milioni di euro, abbiamo chiuso le graduatorie a settembre e adesso stiamo già stipulando i nuovi contratti. Ma non ci limitiamo solo a fornire la terra e avviare l’azienda: diamo la possibilità ai giovani – in tutta Italia e in particolare nel Mezzogiorno – di fare degli investimenti su quell’azienda. Per esempio, grazie al recente provvedimento approvato dal Governo con il Decreto legge Mezzogiorno (d.l. 20 giugno 2017, n. 91, ndr), possiamo offrire ai giovani che già sono imprenditori agricoli oppure a quelli che subentrano in un’attività agricola un finanziamento di un milione e mezzo di euro, di cui il 35% di contributo a fondo perduto e il 65% con un mutuo a tasso zero. L’obiettivo non è solo quello di creare dei giovani imprenditori e nuove imprese agricole, ma anche quello di consolidarle e di svilupparle attraverso un’iniezione di liquidità per fare degli investimenti.

Qual è la valenza di un bando come quello di Fondazione CON IL SUD nella promozione dell’agricoltura sociale?

La valenza di quel bando è legata soprattutto alla fattibilità dell’iniziativa. Secondo me è fattibile perché fornisce ai giovani i soldi necessari per rendere colta una terra incolta. Perché fare un’attività agricola non è semplice, richiede tempo, pazienza e investimenti. Non funziona che tu dai un terreno ad un giovane e questo subito entra in produzione: mettere in produzione un’azienda agricola necessita di investimenti iniziali, anche solo per arare un campo e iniziare a coltivare. Prima che “entri” qualcosa passano anni: ad esempio, se tu pianti oggi un vigneto da qui a cinque anni avrai solo costi; è fra cinque anni che il vigneto inizierà a dare i suoi frutti. Quindi, per tornare all’importanza di questa iniziativa, la Fondazione dà delle risorse per far sì che un terreno incolto diventi colto e ciò avviene in una logica di affiancamento fra chi era proprietario ed il giovane che subentra, avvia la fase di startup, cresce. Oggi tutti parlano di banca della terra, le regioni si stanno organizzando, il Governo col decreto Mezzogiorno organizza le terre incolte, il Demanio mette all’asta dei terreni, ma pochi di questi sono diventati aziende agricole vere.

Oggi tanti ragazzi sono genuinamente interessati alla terra, ma spesso non hanno gli strumenti e le conoscenze necessarie. C’è il rischio che essi si illudano inizialmente che coltivare sia più semplice di quello che è e restano delusi quando poi non riescono ad ottenere in breve tempo dei risultati?

Esatto, questo è un altro aspetto che ha a che fare con una giusta caratteristica del giovane: faccio una cosa e voglio vedere subito i frutti. Fare l’attività agricola invece vuol dire fare una cosa di cui si vedranno i frutti fra qualche anno, quindi c’è bisogno di un sostegno e di un affiancamento vero soprattutto nei primi anni per rendere produttiva un’azienda. Poi – per tornare al bando della Fondazione CON IL SUD – mi piace molto il legame con il Terzo settore, la possibilità di stare sul territorio, l’inclusione sociale: sicuramente è uno degli aspetti più importanti per l’agricoltura, perché come dicevo prima l’agricoltura non è solo un fatto quantitativo ma porta con sé tanti altri aspetti. Avere un legame col territorio, un presidio, rendere disponibile e fruibile un terreno e i frutti che produce è sicuramente un fatto importante.

Un’ultima domanda: tutte queste azioni sono anche politiche, creano occupazione, spostano leve economiche. La politica come si è mossa in questi anni e come può intervenire in questi processi?

In questi ultimi anni la riscoperta dell’agricoltura si deve anche a chi ha governato i processi agricoli, che ha riportato il settore al centro dell’agenda politica, partendo dagli sgravi contributivi per gli under 40 fino a tutte le iniziative che facciamo anche noi come Ismea: tutte derivano da provvedimenti politici. In prospettiva ti posso dire che un’agricoltura senza un interesse politico non è un’agricoltura che può avere un futuro. C’è sempre bisogno della politica: una politica intesa, si badi bene, soprattutto come normative e leggi efficaci. È fondamentale per il nostro settore, non solo a livello italiano ma anche, soprattutto, a livello europeo. Poter fare un’azione coordinata a livello europeo a tutela delle nostre produzioni, dei nostri prodotti, del made in Italy, è sicuramente un elemento importante per fare crescere le nostre imprese.

 

Andrea Degl’Innocenti