A Crotone abbiamo incontrato Suor Michela Marchetti per conoscere il Centro Noemi. Tutto ebbe inizio da un centro di aggregazione e dal desiderio di stare insieme. Una lotta contro la violenza di genere fatta attraverso le relazioni e la professionalizzazione. Un’esperienza che ha saputo trasformare ciò che era marginale in eccellenza. Così nasce la Bottega di Rut, una storia di emancipazione che passa, anche, attraverso la lavorazione della ceramica.
Siamo a Crotone, città che ha vissuto la nascita di una delle più importanti scuole di pensiero dell’antichità: la Scuola Pitagorica. Sita sul versante calabro orientale, Crotone si affaccia sul Mar Ionio presso la foce del fiume Esaro. Capoluogo dell’omonima provincia, oggi non gode più dell’antico splendore, anzi, lo scorso anno è stata definita la peggiore città in cui vivere in Italia, secondo la classifica annuale stilata da Italia Oggi, Università la Sapienza di Roma.
Responsabili di questa triste sentenza sarebbero il disagio sociale, i servizi e il lavoro. In particolare, una disoccupazione femminile che raggiunge livelli paragonabili alla vicina Cosenza, città che registra un tasso di disoccupazione giovanile femminile dell’ 84.4%.
In questo contesto esiste una realtà che lotta per una Calabria migliore. Una Calabria in grado di garantire un futuro alle sue cittadine e ai suoi cittadini.
A raccontarci del Centro Noemi è Suor Michela Marchetti: “Vivo a Crotone da 27 anni. Il Centro ed io siamo cresciuti insieme. Siamo il frutto di un lavoro condiviso. Un lavoro di adulti e giovani che hanno deciso di stare insieme”.
Suor Michela è originaria di Bassano del Grappa, ma Crotone è a tutti gli effetti la sua città. Talmente devota che nel 2015 le viene conferita l’Alta Onorificenza di Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana per volontà del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, proprio “per il suo continuo impegno, anche nell’ambito del centro antiviolenza di Crotone, a favore delle donne e dei bambini in difficoltà”.
“La violenza di genere, per essere ridotta ha bisogno di un grosso lavoro culturale”, ci precisa Suor Michela. Un lavoro culturale che quotidianamente viene svolto sul territorio, sia dal Centro Noemi, sia da tutte le realtà che, da quell’originario centro di aggregazione, sono nate negli anni.
Tutto ebbe inizio nel 1997 con la nascita del Centro Noemi, un centro di integrazione sociale rivolto a giovani donne, ragazze e adolescenti. Il nome Noemi si deve ad una delle donne presenti nella Bibbia, precisamente nel libro di Rut dell’Antico Testamento. Noemi viveva a Betlemme con il marito e due figli. A causa di una forte carestia tutta la famiglia è costretta ad emigrare. Arrivati nel nuovo paese Noemi resta vedova. I suoi figli si sposano con due donne del luogo, ma anch’essi muoiono troppo presto. Così Noemi resta sola con le due giovanissime nuore. Decide di tornare a Betlemme, ma prima svincola le nuore dal legame familiare in modo tale che possano rifarsi una vita. Tuttavia, la nuora Rut, che ha scoperto che Noemi è una vera amica, non accetta di abbandonare la suocera, anzi inizia una condivisione profonda e concreta con lei, una relazione così sincera da riuscire a coinvolgere le persone che incontrano. Una storia di speranza che mostra come i legami possono aiutare a superare qualsiasi dolore.
Con questi bellissimi presupposti, il Centro, da subito, si è contraddistinto come luogo intimo e familiare. Una casa che, negli anni, ha saputo trasformarsi in un punto di riferimento positivo per le giovani crotonesi e le loro famiglie.
Nel 2001, dal Centro Noemi, nasce la Cooperativa Sociale Noemi. Una cooperativa di tipo A che opera negli ambiti che riguardano i minori, le donne e le famiglie. I settori di riferimento sono molteplici, dall’accoglienza non residenziale al sostegno, dall’accompagnamento alla prevenzione passando per la formazione e la promozione sociale.
“Abbiamo diversi laboratori”, ci racconta Suor Michela, “un laboratorio di informatica, un laboratorio di cucina, un laboratorio di ceramica, un laboratorio di accompagnamento scolastico. Tutti percorsi volti a capire come supportare le ragazze verso l’autonomia”.
Questo perché l’integrazione passa, necessariamente, attraverso diverse dimensioni. Aspetti che trascendono l’immediata contingenza, ma che hanno origine nel vissuto delle persone. A questo proposito nel 2006 è stata realizzata, in seno alla Cooperativa, una ricerca sociale, in collaborazione con il Dipartimento di Sociologia dell’Università della Calabria, sulle condizioni di vita delle “Giovani donne a Crotone”. Una ricerca edita da Rubbettino, che ha cercato di capire il modo di vivere alcune forme di integrazione sociale come la famiglia, la scuola, il lavoro e la religione da parte delle crotonesi.
Dalla ricerca è emersa l’esigenza di attuare un lavoro sempre più integrato, con percorsi di supporto anche alla genitorialità, come lo Sportello Famiglia che, dal 2008, offre servizi gratuiti di accompagnamento e sostegno familiare.
Come un’orchestra, che a poco a poco cresce fino al raggiungimento della sinfonia perfetta, nel 2009 nasce il centro antiviolenza “Udite Agar”, a simboleggiare la volontà di “ascoltare e far udire la voce di chi, come Agar, si trova in situazioni di violenza”. Anche Agar è una donna presente nella Bibbia. La schiava costretta a partorire i figli che Sara, moglie di Abramo, non poteva concepire. Agar non si lamenta, ma Dio ha saputo, ugualmente, ascoltare il suo dolore e le ha portato supporto.
“L’esperienza della violenza”, ci sottolinea Suor Michela, “è un’esperienza che si deve cogliere nei segni. Al di là del rumore che fanno, anche quando si tratta di segnali taciti”.
Un numero verde (800974210), due indirizzi e-mail (info@uditeagar.it – uditeagar@gmail.com), un sito internet (www.uditeagar.it), possibilità di incontri e interventi immediati in caso di urgenza.
Questi sono gli strumenti a disposizione di chi sta vivendo una situazione di violenza. Il tutto con l’anonimato garantito. L’idea di fondo è di fare un cammino insieme, supportando e accompagnando le donne che decidono di far sentire la loro voce.
“Un Centro Antiviolenza”, ci specifica Suor Michela, “è un luogo sicuro a cui chiedere consigli. Nessuno potrà obbligare qualcuna a fare un passo contro la sua volontà, altrimenti sarebbe una violenza anch’essa. Dall’altra parte, chi aiuta, deve stare molto attento a non fare promesse che non si possono mantenere. Si tratta di una relazione a due. Un cammino da percorrere tenendosi per mano”.
Inoltre, Udite Agar, offre sostegno alle donne anche in vista di un reinserimento lavorativo. Spesso, il silenzio passa attraverso una dipendenza economica, che presto si trasforma in una catena che lega la vittima al suo carnefice. Per questo motivo, attraverso un percorso di formazione lavorativa il Centro organizza percorsi protetti di lento reinserimento sociale, al fine di restituire indipendenza alla donna.
Un cammino progressivo, per un Centro che ha saputo captare tutte le esigenze di un territorio. Senza escludere nessuno, neanche i più piccini. Nel 2012, infatti, nasce il Centro Piccoli Passi, un servizio per minori, in cui ognuno è accompagnato in maniera personalizzata mediante un “progetto educativo individualizzato, volto all’autonomia e all’integrazione sociale”. Proprio perché la violenza di genere si sconfigge soprattutto attraverso un cambiamento culturale che deve partire, indubbiamente, dalle fasce più giovani della nostra società. In fondo, a ben pensarci, i bambini di oggi saranno gli uomini di domani.
Aggregazione, supporto, sostegno, ascolto e formazione non bastavano ancora a concludere il cerchio. Si sentiva ancora l’esigenza di donare professionalità. La necessità di concretizzare “la storia di donne che sostengono altre donne”. A questo scopo nasce la Bottega di Rut.
“La Bottega di Rut si pone l’obiettivo di dare speranza umana, professionale ed artistica a giovani donne che aspirano all’inclusione sociale e lavorativa”, ci racconta Suor Michela. Un luogo di eccellenze, una storia di emancipazione che passa attraverso la lavorazione della ceramica.
Un centro di aggregazione, una cooperativa, uno sportello famiglia, uno sportello antiviolenza, un centro diurno per minori e una bottega. Tutto accompagnato da un costante studio dei bisogni. Un disegno sistemico perfetto che sa dare risposte concrete alle differenti domande che emergono dal territorio.
In questo contesto, la lotta contro la violenza di genere si trasforma in una riappropriazione di consapevolezza. La consapevolezza che la lotta contro la violenza è una lotta di emancipazione che passa attraverso la possibilità di scegliere una vita diversa, una vita in cui la donna, la madre, la ragazza è protagonista del suo futuro. Una lotta che non si esaurisce in un centro antiviolenza, ma che prosegue sul territorio. Una lotta contro la disoccupazione. Una lotta contro l’indifferenza e a favore dell’informazione. Una lotta che non si può vincere da soli, ma che deve essere vissuta insieme. Così come Noemi e Rut. Un’unione talmente grande da essere contagiosa, affinché non ci siano più lenzuola bianche sui volti delle nostre sorelle.
Alessia Canzian
Nessun Commento