C’era una volta un terreno confiscato. Un’area di tre ettari che, nel 2014, il comune di Rosarno ha affidato al Consorzio Macramè. Siamo in Calabria, in una cittadina di circa sedicimila abitanti che, nel 2010, è stata raccontata dalla cronaca nazionale per la rivolta che ha preso il nome della città: la “Rivolta di Rosarno”, durante la quale si sono scontrati rampolli della ‘ndrangheta locale con i braccianti africani, che vivono in quest’area in condizioni indegne e lavorano negli agrumeti.
Sono migliaia di persone, spesso vittime di aggressioni e provocazioni di ogni genere. Stufi di essere trattati come bestie, di sottostare a forme arcaiche di caporalato e sfruttamento, i braccianti africani scatenano una vera e propria rivolta dopo che, nella notte del 6 gennaio, due giovani della ‘ndrangheta si erano “divertiti” a tirare con un fucile ad aria compressa su tre immigrati, ferendone uno in modo grave.
In questo contesto nasce il progetto “Mestieri Legali”, per avviare un’attività produttiva, legale e partecipata su un terreno confiscato e in seguito abbandonato per diversi anni. “Quando siamo arrivati sul terreno nel 2014, l’area non era assolutamente come si presenta oggi. – racconta Giuseppe Carrozza, direttore del Consorzio Macramè – Era un ammasso informe di erbaccia, dietro la quale spuntava di tutto: carcasse di autoveicoli, di elettrodomestici, lastre di eternit, penumatici. La prima visita dell’area ha destato non poche perplessità, perché quando i terreni non sono di nessuno, sono utilizzati per scopi non certo propriamente legati alla loro natura”.
Anche la natura circostante sembrava morta, ma continuando ad esplorare l’area tra i rovi robusti e i fitti canneti, si aprì davanti agli occhi di Giuseppe e dei suoi compagni di questa avventura un paesaggio singolare: l’incontro tra due fiumi, il Metramo e il Mesima. “Ne fummo conquistati”, afferma Giuseppe, che insieme agli altri partner inizia a intuire il potenziale di “bellezza” del terreno.
Nasce così l’idea centrale del progetto “Mestieri legali” ovvero la costruzione di una “Communitas della Biodiversità”, una comunità che aggrega e valorizza le diversità naturali e umane. Sul primo fronte, la presenza nel partenariato di Legambiente ha dato una forte spinta alla realizzazione di un percorso naturalistico fluviale e della biodiversità che, una volta concluso, andrà ad integrare l’attività agricola, già dedita alla coltivazione di agrumi. Sul secondo fronte, il progetto si impegna realmente per l’inserimento lavorativo di persone immigrate, che abitano sul territorio, grazie anche alla presenza nel partenariato di Omnia, un’associazione promossa dai migranti.
Una comunitas, quindi, in cui la contaminazione tra territorio e persone, la concretizzazione di reali opportunità di formazione e lavoro, la diffusione di vecchi e nuovi mestieri legati all’agricoltura e all’ambiente, l’attivazione di percorsi di educazione ambientale e turismo sostenibile sono occasione di inserimento nella comunità.
Il primo passo è stato riportare il terreno a una condizione di pulizia e di natura godibile. Nell’estate del 2015, infatti, si è tenuto il primo campo di lavoro curato dall’Arci (il secondo e il terzo, nell’estate del 2016). Tanti giovani, provenienti da tutta Italia, si sono messi a lavoro per raccogliere i rifiuti sparsi sul terreno, riuscendo ad aprire un primo sentiero lungo la sponda del fiume. Il lavoro, guidato dai migranti dell’Associazione Omnia, si è svolto secondo principi di legalità, ecologia, accoglienza, integrazione.
Tutta l’area del parco, inoltre, è stata ripensata e riprogettata grazie al contributo della Facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, che ha coinvolto i suoi studenti e ragazzi provenienti dall’università del Cairo nella realizzazione di alcune azioni di design dalla forte valenza simbolica. Come il padiglione effimero che richiama l’idea del bunker, un luogo solitamente buio e sotteraneo, decostruendolo e attribuendogli un nuovo significato, fatto di luce e di scoperta.
Non mancano, però, le difficoltà: Mestieri legali ha già dovuto fare i conti con incendi che hanno distrutto il già malridotto agrumeto, l’esondazione del fiume a causa delle piogge torrenziali, che ha allagato completamente il terreno, alberi segati, furti e altri atti vandalici. Tante avversità, che se da un lato hanno causato dei rallentamenti, dall’altro sicuramente non fanno arretrare la partnership e non intaccano la voglia di proseguire lungo il cammino.
Sono, infatti, partiti i laboratori di orientamento e inserimento sperimentale di migranti che affiancano la cooperativa Alba; il laboratorio di alfabetizzazione di lingua italiana organizzato dall’associazione Omnia; l’attività di animazione territoriale con numerose iniziative in tutta la Piana di Gioia Tauro, tra cui convegni che riescono a coinvolgere e attirare l’attenzione di centinaia di studenti della zona. È stato stilato un primo catalogo delle specie naturali presenti nell’area, sono state introdotte colture autoctone (limoni e melograni) ed è stato recuperato l’aranceto preesistente. Il tutto è arricchito da laboratori esperienziali sull’ecosistema del fiume per gli studenti e i visitatori, animati dai migranti e con un piccolo laboratorio di fitodepurazione, metodo per migliorare la qualità delle acque del fiume.
Mestieri legali è un progetto sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD ed è promosso da un partenariato ampio e variegato: oltre al Consorzio Macramè, partecipano altre realtà sociali come la cooperativa di servizi Alba, l’associazione Omnia, promossa dai migranti a Rosarno, Arci, Legambiente, ed istituzioni come i comuni di Rosarno e di Laureana di Borrello.
Claudia Cannatà
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