L’inserimento socio-lavorativo come asse portante dei processi di integrazione
Le migrazioni sono attualmente considerate un fenomeno strutturale che presenta importanti tratti di stabilizzazione delle comunità sul territorio. A livello europeo, i dati più recenti analizzati dalla Commissione mostrano che negli Stati membri 57 milioni di persone risiedono in un Paese diverso da quello di nascita (l’11,3% della popolazione complessiva, tasso di incidenza più alto mai rilevato); di questi, circa 37 milioni sono cittadini di Paesi terzi. In Italia, i cittadini di Paesi terzi regolarmente presenti al primo gennaio 2017 sono 3.714.137, di cui 813.901 (il 21,9%) minori. Il tasso di occupazione al 30 giugno 2017 è pari al 59% e i Rapporti sulle comunità migranti in Italia (2017) mostrano un’incidenza crescente dei titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo (60,7%, era pari al 52% nel 2012), soprattutto per le comunità caratterizzate da una lunga storia migratoria quali l’ecuadoriana, la tunisina, l’albanese, la moldava, l’ucraina, la marocchina.
In questo quadro, i programmi posti in essere dalla Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) si basano, da una parte, su una conoscenza puntuale – declinata territorialmente e per gruppi target – dello scenario migratorio italiano; dall’altra, sulla consapevolezza che il lavoro rappresenti l’asse portante dei percorsi di integrazione, data la sua importanza per l’autonomia delle persone e per le sue ricadute anche sulla competenza linguistica.
I programmi mirati a favorire e promuovere l’integrazione sono definiti a livello nazionale in termini di obiettivi e linee di azione, e posti in essere dalle Regioni, alle quali sono stati rivolti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in qualità di autorità delegata, due Avvisi multi-azione a valere sul FAMI 2014-2020. Sulla base dei bisogni e delle caratteristiche emergenti dai territori, sono in corso di realizzazione nelle Regioni dei Piani di intervento articolati su quattro linee di attività: la qualificazione del sistema scolastico e il contrasto alla dispersione; l’accesso ai servizi; l’informazione qualificata; la valorizzazione delle associazioni di cittadini migranti. Per offrire un’idea delle azioni in corso, rimando alle singole pagine dell’area Le Regioni del Portale integrazione migranti, dove è possibile reperire tutte le informazioni sulla programmazione 2014-2020, sugli Avvisi e sui piani di intervento regionali in materia di inserimento lavorativo e integrazione sociale. Tale area riflette la governance multilivello del fenomeno migratorio, mostrandone i meccanismi di sussidiarietà.
Come accennato in apertura, una componente importante dello scenario migratorio è quella giovanile. I ragazzi con background migratorio mostrano un potenziale importante rispetto ai processi di mediazione culturale, di partecipazione e cittadinanza attiva, e di cooperazione allo sviluppo. Al contempo, alcuni fattori (ad esempio il background socio-culturale ed economico) possono incidere sulla valorizzazione di tale potenziale e la piena inclusione nella società, mentre le loro capacità imprenditoriali potrebbero rappresentare una leva importante per la crescita economica, anche in termini di innovazione. Per questo la Direzione Generale ha dedicato, nel 2015, un’azione pilota all’incentivazione di nuove iniziative imprenditoriali o di auto-impiego di giovani (under 30) disoccupati o inoccupati provenienti da un contesto migratorio, con risorse a valere sul Fondo Politiche Migratorie. Considerate le criticità e opportunità emerse dall’analisi dei risultati del progetto, si prevede di attivare un nuovo intervento destinato a un target giovane (under 35) che consenta sia di promuovere la creazione di nuove imprese, sia di consolidare e rafforzare quelle già esistenti, con un focus sull’accesso al (micro)credito e ai sistemi di consulenza qualificata nei diversi ambiti (fiscale, tecnico-produttivo, gestionale) dello sviluppo imprenditoriale, e l’attivazione di specifiche misure per l’avvio d’impresa e la conciliazione lavoro-famiglia.
Infine, a livello nazionale, sono stati programmati e gestiti progetti destinati ai migranti caratterizzati da vulnerabilità. INSIDE e PERCORSI hanno preso le mosse dalla considerazione che l’accesso al lavoro costituisce lo strumento privilegiato per la realizzazione di un processo di integrazione sociale positivo: porre le politiche del lavoro al centro delle misure di gestione del fenomeno, come condizione essenziale su cui puntare per riportare i migranti vulnerabili a condizioni normali di vita. Il lavoro è fonte di dignità, autonomia, libertà, emancipazione e progettazione per il futuro. In tale prospettiva, il Ministero ha promosso i due progetti pilota sopra menzionati, volti all’integrazione, all’empowerment e all’inserimento socio-lavorativo. Essi hanno previsto la costruzione di percorsi individualizzati e un’erogazione personalizzata di servizi e misure di politica attiva del lavoro finalizzati a qualificare le competenze e favorire l’occupazione. Il progetto INSIDE ha coinvolto 750 titolari di protezione internazionale ospitati nel Sistema di Protezione per richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR). Il progetto PERCORSI è stato rivolto ai minori stranieri non accompagnati in transizione verso l’età adulta e ai giovani migranti (fino ai 23 anni) entrati in Italia come minori stranieri non accompagnati. Il progetto, tuttora in corso, ha previsto l’attivazione di 1862 tirocini.
Il tirocinio si configura come esperienza in grado di accelerare e facilitare i processi di integrazione socio-lavorativa, in quanto, oltre a rappresentare un’occasione di conoscenza diretta di un mestiere, facilita l’apprendimento della lingua italiana e il confronto con la cultura (sociale e di organizzazione del lavoro) del nostro Paese. Considerati i risultati, e sulla base degli strumenti che stanno prendendo forma a livello europeo e nazionale, si è resa necessaria un’azione di messa a sistema di tali modelli a valere sui fondi europei (FAMI e FSE), per realizzare percorsi integrati di supporto all’inserimento socio-lavorativo e al processo di transizione verso il conseguimento di una autonomia economica e sociale, rivolti ad almeno 4.000 titolari di protezione internazionale e umanitaria. Tale obiettivo risponde anche alla necessità di un rafforzamento della collaborazione tra gli attori istituzionali e di una qualificazione della rete degli operatori pubblici e privati. Per favorire l’integrazione socio-economica, si intende intervenire attraverso azioni di assistenza agli operatori nel processo di sviluppo e miglioramento dell’offerta di politiche attive per l’occupazione, e attraverso un’organica azione di sistematizzazione e diffusione della conoscenza delle regole proprie del mercato del lavoro in una prospettiva universalistica.
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