Un festival di arte contemporanea che entra, letteralmente, nelle case della gente. Appartamenti, terrazzi, sotterranei, cortili, interi condomini, laboratori artigianali si trasformano in residenze artistiche e ospitano opere di artisti internazionali. Vincitore del bando Funder35 e di numerosi altri premi e riconoscimenti, è un progetto culturale che si innesta nel tessuto socio-urbano che lo ospita.
A Napoli, sotto lo slogan “No ai festival vetrina”, è nato nel 2011 Altofest – International Contemporary Live Arts, un festival che si propone di offrire una nuova prospettiva sull’arte contemporanea. Altofest, infatti, non coinvolge teatri, musei o gallerie, ma i cittadini, chiamati a ospitare gli artisti e le loro opere, aprendo le porte delle proprie case, cortili e negozi.
“Ogni anno in diversi quartieri di Napoli, i cittadini offrono in dono ospitalità ad artisti nazionali ed internazionali, i quali alloggiano e lavorano nelle case dei cittadini per un periodo di residenza artistica – ci spiega Camilla Stellato di Altofest. Al termine della residenza, quelle stesse case accolgono il pubblico durante i giorni di apertura del festival.”
Quello che crea Altofest è una partecipazione attiva all’opera, un’esperienza di scambio tra l’artista, l’ospite e lo spettatore, il quale per la prima volta ha accesso a spazi privati, a scorci della città particolari e altrimenti inaccessibili. Un vero e proprio esempio di riqualificazione umana e urbana.
Questo è accaduto, per esempio, a Vico Tronari nel Rione Sanità che, con i suoi spazi e i suoi abitanti, è coinvolto da 5 anni in Altofest. Sono centinaia gli pettatori che giungono nel vicolo durante le giornate del Festival per assistere a performance di danza e teatro, tra le più innovative del panorama internazionale. Nel 2016, in particolare, un’artista umbra ha coinvolto un gran numero di abitanti del quartiere con il suo progetto Abito,un’istallazione tessile partecipativa a cui poteva collaborare chiunque, aggiungendo il proprio “tessuto”, per abbellire gli spazi comuni del vico. Così per 20 giorni Vico Tronari, durante la sesta edizione di Altofest, è diventato un laboratorio e un museo a cielo aperto, accogliendo centinaia di visitatori.
“La prospettiva curatoriale alla base del processo di Altofest si fonda su una meticolosa attenzione al rapporto uno ad uno fra artista e cittadino, lasciando che il potenziale generativo di questo incontro possa propagarsi al sistema di relazioni entro cui ciascuno si muove: infiltrarsi attraverso i diversi strati dell’abitare di chi ha partecipato a quella esperienza, fino ad infettare l’uso consueto delle parole – aggiunge Camilla. Ne viene una riqualificazione umana/urbana, generata dalla prossimità e la cura reciproca tra ospite e artista”.
Quest’anno Altofest, alla sua VIII edizione, ha raccolto più di 550 proposte artistiche da tutto il mondo. Inoltre, dal 9 aprile al 13 maggio, si terrà un’edizione speciale a Malta, inserita nella programmazione culturale di Valletta 2018 Capitale Europea della Cultura. Il progetto si è aggiudicato gli EFFE Award – unico italiano fra i 6 premiati -,“distinguendosi per la sua innovativa e coraggiosa formula di apertura e coinvolgimento della città”. Un premio estremamente prestigioso, dedicato ai festival più innovativi a livello artistico, assegnato dall’EFA (European Festival Association) sotto l’egida della Commissione Cultura del Parlamento Europeo. Attualmente Altofest è segnalato dal Cultural and Creative Cities Monitor della Commissione Europea, come indicatore di interesse culturale per la città di Napoli. “I riconoscimenti internazionali sono tanti, a partire dalla fiducia che, da diverse edizioni, molte ambasciate accordano ad Altofest, sostenendo i viaggi degli artisti in programmazione” conclude Camilla.
Un progetto che fino al 2017 è stato completamente auto sostenuto e che oggi, grazie al sostegno di Funder35 – il bando promosso da 17 fondazioni di origine bancaria e dalla Fondazione CON IL SUD – può crescere ancora di più.
Claudia Cannatà
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