L’innovazione è senza dubbio uno strumento fondamentale per la competitività delle aziende agricole ed anche per la loro sostenibilità ambientale e sociale. Tutte le imprese che svolgono attività agricola hanno, infatti, bisogno di selezionare varietà o razze adatte al proprio contesto territoriale e ai consumatori a cui intendono vendere il prodotto, di avere le attrezzature e i macchinari adatti alle lavorazioni in campo e della piccola trasformazione, tecnologie per la conservazione e la commercializzazione. Nel caso dell’agricoltura sociale, però, le esigenze possono essere a volte anche più specifiche e allora le innovazioni devono essere in grado di dare risposte pronte e puntuali.
Un esempio molto semplice e diretto di innovazione tecnologica per esigenze specifiche è quello di Libera, la macchina a trazione elettrica messa a punto dal Crea, che permette anche a chi non può usare le gambe di spostarsi liberamente per accedere ai campi coltivati e svolgere attività agricole come il monitoraggio delle colture, la partecipazione attiva alle operazioni di raccolta, controllo e coordinamento tecnico-logistico. La macchina è stata messa a punto dai ricercatori Crea nell’ambito del progetto Amadi (Automazione Macchine Agricole per Disabili) promosso e finanziato dal Mipaaf proprio per facilitare l’inserimento lavorativo nel settore agricolo di persone portatrici di handicap. Libera è stata pensata per ospitare a bordo la sedia a rotelle dell’agricoltore, ha una guida resa più agevole grazie al joystick e standard di sicurezza al ribaltamento garantiti da un opportuno dimensionamento di carreggiata e baricentro del mezzo.
Ma l’agricoltura sociale non implica solo l’inserimento socio-lavorativo di persone con disabilità fisica; in questo tipo di agricoltura sono coinvolte molte altre persone, da quelle con problemi di dipendenza (da droghe, alcol o gioco) a quelle che hanno problemi psichiatrici, dai richiedenti asilo ai cosiddetti NEET, i giovani che non studiano e non lavorano, che in Italia sono in continuo aumento.
In genere si tratta di imprese agricole di piccola o media grandezza, a volte gestiste da cooperative sociali, che hanno necessità, ad esempio, di avere macchinari per la trasformazione di piccole quantità di prodotto. I nostri Centri hanno realizzato per queste esigenze alcuni laboratori mobili, che possono essere anche acquistati da reti di imprese e spostati da un luogo a un altro con estrema facilità: un essiccatore a energia solare, un mini-caseificio, un impianto per la produzione di birra, una linea polifunzionale per la trasformazione ed anche un negozio mobile alimentato a energia solare.
Occorre, poi, pensare anche ad altre tipologie di innovazione che possono essere utili all’agricoltura sociale, come quelle legate alle coltivazioni biologiche, un approccio necessario in molti casi non solo per il rispetto dell’ambiente, ma anche perché può essere rischioso far utilizzare sostanze chimiche ai lavoratori che, ad esempio, vengono da percorsi di dipendenza da droghe oppure stanno ancora scontando una pena detentiva. In questi casi le innovazioni possono essere fondamentali per l’individuazione di specie resistenti a virosi o altre malattie delle piante oppure per trovare sostanze non nocive che possono essere utilizzate per i trattamenti.
Nel caso, poi, gli operatori dell’agricoltura sociale abbiano accesso a terre pubbliche o sottratte alla criminalità organizzata debbono sicuramente affrontare anche il problema di dover mettere in produzione terreni incolti da tanto tempo, spesso impoveriti o addirittura inquinati. In questi casi, è possibile introdurre piante in grado di eliminare nel giro di pochi anni le sostanze inquinanti dal terreno e renderlo di nuovo coltivabile.
Ci sono, infine, tutte quelle innovazioni di tipo organizzativo e sociale che possono favorire lo sviluppo dell’agricoltura sociale. Queste pratiche, infatti, sono realizzate con la collaborazione di più soggetti. Da un’indagine condotta dal CREA nel 2017 nell’ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale, è emerso come la maggior parte delle realtà che fa agricoltura sociale operi all’interno di una rete composta anche da oltre 10 soggetti tra imprese agricole, cooperative sociali, associazioni, servizi socio-sanitari, ecc. Questo lavoro non sempre è semplice e chi intende avviarlo deve imparare a costruire reti di relazioni sostanziali, che non siano basate solo su accordi formali ai quali non segue un lavoro concreto per l’inclusione sociale e lavorativa delle persone svantaggiate. I nostri ricercatori stanno studiando, quindi, gli esempi più innovativi di agricoltura sociale e lavorano a supporto delle Regioni e delle organizzazioni professionali agricole per diffondere questo tipo di innovazioni. Sempre nell’ambito della Rete Rurale Nazionale, inoltre, organizzano seminari, suty visit, summer school per mettere in contatto agricoltori, operatori sociali e servizi del territorio perché sia più facile avviare collaborazioni tra i diversi settori.
È stata avviata anche una collaborazione con il Ministero di giustizia, che nell’ambito del PON Inclusione ha intenzione di rilanciare l’attività agricola e sociale nelle colonie penali agricole della Sardegna e della Toscana. I nostri ricercatori hanno studiato il contesto e individuato alcune colture che potrebbe essere particolarmente interessante sviluppare in questi luoghi, ma hanno fornito anche indicazioni su possibili opportunità di mercato per prodotti trasformati, attività di agriturismo, didattica, turismo scientifico, ecc. Insomma, l’idea è di sostenere questa esperienza moltiplicando le opportunità di lavoro per i detenuti in modo da favorire il loro reinserimento del mondo del lavoro e nella società.
Alcune esperienze di agricoltura sociale sono state realizzate anche direttamente presso le nostre strutture, che ad esempio hanno ospitato persone con problemi psichiatrici con borse lavoro in collaborazione con i servizi socio-sanitari del territorio. In altri casi i nostri ricercatori si sono resi disponibili per avviare attività presso altre strutture; ad esempio, in Sicilia sono state fatte attività presso le strutture carcerarie per permettere ai detenuti di imparare qualcosa sulla produzione delle piante mediterranee come le aromatiche, i capperi, ecc.
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