Per far crescere l’Italia non si può fare a meno della terra. L’agricoltura e le tradizioni locali, il cibo e i territori, sono elementi della nostra storia e oggi rappresentano un volano della ripresa economica. Soprattutto se si guarda alle nuove generazioni.
Negli anni della crisi, il tasso di disoccupazione giovanile ha toccato i livelli più alti da 35 anni, soprattutto al Sud. Di contro l’agricoltura è stata l’unico settore ad aver difeso, se non moltiplicato, i posti di lavoro, nonostante le difficoltà. Per questo è arrivato il momento di investire sul serio sul comparto, favorendo da un lato il ricambio generazionale, visto che ad oggi per ogni agricoltore under 40 ce ne sono 10 over 65, e dall’altro accrescendo l’attrattività del settore verso una platea più ampia.
L’agricoltura, cioè, può fungere da “calamita” e ammortizzatore sociale, tanto più che in questa fase la vita nei campi dimostra di avere un appeal tutto nuovo capace di attirare un gran numero di giovani dai curriculum più vari. Sono in costante aumento, infatti, i laureati in lettere nonché i dottori in lingue, economia o marketing che decidono di scommettere sul lavoro in campagna e reinventarsi produttori dopo che la crisi ha chiuso le porte dei loro settori.
Oggi – secondo le elaborazioni dell’Ufficio Studi Cia – sono circa 95mila le aziende condotte da giovani sotto i 35 anni e rappresentano il 4,1% del totale in agricoltura. Un quarto dei titolari sono donne. Tutte imprese con un enorme potenziale economico: le imprese agricole gestite dai giovani possiedono una superficie superiore di oltre il 54% alla media (9,4 ettari contro la media nazionale che è di 6,1 ettari) e hanno un fatturato più elevato del 75% della media (18.720 euro l’anno rispetto a 10.680 euro).
Ma per agevolare l’ingresso di nuove leve in agricoltura bisogna fare di più, puntando su due strumenti fondamentali: terra e credito.
In un Paese segnato dalla scarsa mobilità fondiaria, com’è l’Italia, acquistare ai prezzi di mercato è quasi impossibile: se in Francia un ettaro costa in media 5.500 euro e in Germania 6.500 euro, nel nostro Paese un ettaro di terreno viaggia mediamente intorno ai 18 mila euro. Anche l’affitto, soprattutto in zone a forte caratterizzazione produttiva e territoriale, è proibitivo. Per questo è fondamentale incoraggiare, sostenere e promuovere tutti quei bandi e quei provvedimenti che prevedono la locazione e/o la vendita di terreni a vocazione agricola di proprietà pubblica, in buona parte nella disponibilità di regioni ed enti locali, con diritto di prelazione per i giovani. Ma anche favorire nuove forme di conduzione, come l’affiancamento in azienda.
Ovviamente, oltre al problema della terra, è necessario agire sul fronte del credito, con misure ad hoc per la categoria: un progetto sul microcredito specifico o un sostegno finanziario al primo insediamento, agevolazioni alla nascita di forme di collaborazione tra giovani in reti d’impresa, una riduzione del cuneo fiscale in particolare nella fase di start-up. Considerato che, ad esempio, solo gli oneri burocratici costano a ogni azienda più di 7mila euro l’anno.
Bisogna scommettere sull’ingresso dei giovani in agricoltura – spiega il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino -. Si tratta di una scommessa vincente, perché gli under 40 pensano in grande, sono preparati e creativi, hanno voglia di crescere e di sperimentare, aprono le porte all’innovazione e all’internazionalizzazione, ma anche alla solidarietà. Spesso infatti sono proprio i giovani ad aprire le Fattorie sociali, dove anche le fasce più deboli della popolazione – come i migranti, gli anziani, i disabili – possono costruire nuove relazioni e trovare un posto nel mondo del lavoro.
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