Ho avuto la grande fortuna di conoscere ben quattro dei personaggi a cui sono dedicati gli appuntamenti di “Un futuro mai visto” e con tre di loro sono stato anche molto amico. Con Adriano Olivetti, in particolare.
Avevo deciso di fare la mia tesi di laurea in sociologia del lavoro e chiesi al mio professore di Perugia di poter approfondire la catena di montaggio. Mi fu consentito e, siccome avevo la possibilità di vivere a Napoli con i miei, scelsi di farla a Pozzuoli. Fui fortunato, perché scrissi ad Adriano Olivetti spiegandogli della mia tesi ed ebbi subito una risposta da parte della sua segreteria. Entrai in azienda per quindicimila lire al mese per tre mesi, che allora erano tanti soldi e per quel periodo fui il più ricco dei miei amici. Un giorno una collaboratrice mi disse: “Il presidente ti vorrebbe conoscere.”
Adriano Olivetti mi chiese del mio segno zodiacale e poi mi domandò della laurea. “Appena ti laurei – mi disse – mandami una cartolina postale e io ti assumerò”. Così finì il mio colloquio con Adriano Olivetti. Mi laureai, gli inviai la cartolina e fui assunto in una settimana. Ho lavorato poco alla Olivetti, perché presto ebbi una borsa di studio per il dottorato a Parigi, ma quel periodo segnò per me una svolta epocale, iniziata con una domanda sul segno zodiacale.
Chi era Adriano. Innanzitutto è stato un grandissimo sociologo del lavoro, credo il più grande in assoluto nel contesto italiano. Adriano Olivetti ha scritto libri su questo tema e ci ha dato i supporti per capire la sociologia, ma è stato sociologo anche perché ha dato una sua visione del rapporto di leadership e di lavoro: è stato lui a decidere che il presidente della Olivetti – ovvero lui stesso – non poteva guadagnare più di cinque volte quello che guadagnava un operaio.
Secondo punto, l’impegno politico. Adriano Olivetti ha fatto la Resistenza, ha salvato delle persone portandole nel bagagliaio della macchina fino in Svizzera e rischiando la pelle. È stato promotore del Partito d’Azione, ha creato il movimento di comunità, è stato anche senatore, sindaco di Ivrea.
Poi ovviamente Olivetti è stato un grande imprenditore. Quando è morto, aveva distribuito dieci punti ai suoi azionisti, aveva aumentato del quarantasette per cento le vendite in Europa e del quarantadue per cento le vendite in America in un anno.
Adriano Olivetti è stato un grande editore non solo con le Edizioni di Comunità, ma anche con la rivista Comunità.
È stato un grandissimo urbanista, non solo fondatore e presidente dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, non solo segretario generale dell’UNRRA-Casas, ma anche il creatore dell’urbanistica in Italia, perché i gruppi che lui creò sia a Matera nel ’51, sia a Ivrea nel ’52, hanno prodotto i primi piani urbanistici italiani in assoluto, e hanno creato il nucleo iniziale di economisti.
Adriano Olivetti è stato un grande scrittore. Un mio amico mi ha detto “Ho letto tutti i libri di Adriano Olivetti.” Io non sono riuscito ancora a leggerli perché credo siano una quarantina. Il primissimo, per esempio, L’ordine politico delle Comunità, che è uscito nel 1945 come Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, ha fatto la storia delle idee.
Adriano era un grandissimo esteta e un grandissimo mecenate. Adesso si dice che la Apple vende perché i prodotti sono belli, ma la Valentine era stata pensata e disegnata da Sottsass, la Lettera 44 era stata disegnata da Pintori ed erano oggetti di una bellezza straordinaria, come la bellezza sublime dello stabilimento di Pozzuoli.
Che cosa possiamo sovrapporre a questo identikit? Per Adriano Olivetti non poteva esserci l’impresa se non come triade: l’impresa, gli intellettuali, la comunità. Tre aspetti che non potevano essere assolutamente disgiunti. Allora se c’è qualcosa che si può sovrapporre è sicuramente il Sud.
Ho conosciuto altri come Adriano Olivetti. Intanto gli altri tre: Danilo Dolci, Basaglia e Don Milani, di cui ricordo ancora un bisticcio. Una volta gli dissi: “Non puoi tenere ‘sti ragazzi dalle cinque del mattino alle cinque di sera. Vanno in campagna, poi vengono qua e si addormentano.” E lui mi rispose: “Sono troppo poveri per potersi permettere di essere anche ignoranti!”
C’è un ultimo personaggio, che ho incontrato e che mi sembra molto vicino ad Adriano Olivetti, Oscar Niemeyer, il grande architetto di Brasilia. Una frase bellissima che Oscar Niemeyer aveva scritto nel suo studio, sul muro, dice: “ciò che conta non è l’architettura, ma è la vita, gli amici e questo mondo ingiusto che dobbiamo modificare”.
(Tratto dall’intervento tenuto l’8 settembre 2016 a Napoli all’incontro “Un futuro mai visto – Adriano Olivetti, un’altra impresa”)
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